Museo dei Diorami

Collezione Dellacà

La Foresteria era l’alloggio per ingegneri e dirigenti della miniera; costruita intorno al 1930, venne chiusa nel 1991 insieme a tutte le attività minerarie. L’edificio si sviluppa su tre livelli, di circa 600 mq ciascuno. Il seminterrato con accesso interno ed esterno su un lato del fabbricato, ospita una serie di locali di servizio (cantine e magazzino) distribuiti lungo un corridoio centrale. Il piano terreno ha 3 accessi diretti dall’esterno di cui, quello sulla facciata principale, immette in un ingresso. Da qui si ha l’accesso ad un corridoio che si sviluppa per l’intera lunghezza dell’edificio, distribuendo su entrambi i lati gli alloggi della foresteria. Sul fondo dell’ingresso, un vano scala dà accesso al piano superiore, anch’esso disposto secondo una logica di alloggi con ingresso dal corridoio centrale. Attualmente la Foresteria ospita, in alcuni suoi locali, una splendida collezione di diorami (Collezione Dellacà) riproducenti la vita mineraria in varie epoche.

Storia della miniera di Montevecchio

La storia della miniera di Montevecchio risale a un periodo molto antico, il giacimento era conosciuto fin dal 1600 a.c. Il primo affioramento del filone a levante risale al periodo Romano. I giacimenti minerari sono ammassi di minerali utili, che si devono trovare in quantità tale da giustificare uno sfruttamento industriale. Normalmente un minerale non si trova allo stato puro ma accompagnato da roccia detta “ganga” che deve essere separata prima di procedere alla sua utilizzazione. Il giacimento piombo-zincifero di Montevecchio è stato coltivato e sfruttato per secoli. Nel 1848 il re Carlo Alberto firma la prima concessione a Giovanni Antonio Sanna per l’estrazione del minerale a livello industriale. Chilometri di gallerie, pozzi e fornelli collegano i vari livelli delle miniere. Venivano estratti piombo, argento, zinco e anche piccole quantità di oro.
Fin dagli albori della civiltà, la Sardegna è stata identificata come “ricca produttrice di metalli”. Non esistono zone che nel corso dei secoli non siano state interessate da qualche piccolo lavoro minerario, rivolto alla ricerca di giacimenti metalliferi o di pietre ornamentali. Fu proprio una pietra, nera e lucente, un vetro vulcanico chiamato ossidiana, a garantire una stabile presenza in Sardegna degli uomini del neolitico. Con l’utilizzo dell’ossidiana, probabilmente fin dal VI millennio a. C., ebbe inizio quell’attività estrattiva, trasformativa e commerciale che, partendo dal Monte Arci, è progredita fino ai nostri giorni e continua. La lavorazione dei metalli raggiunse il suo culmine con lo sviluppo della Civiltà Nuragica.
In Sardegna è esistita un’unica, vera grande industria: quella mineraria. La ricchezza del suo suolo era immensa e fece gola a tutte le popolazioni che approdarono alle sue coste, dagli etruschi ai punici, dai romani agli iberici fino ai pisani e ai genovesi. Possiamo dire che i primi minatori siano stati gli uomini del neolitico recente, i quali, in realtà, non scavavano ma si limitavano a cercare in superficie certe pietre duttili, come l’ossidiana (roccia vetrosa di origine vulcanica) oppure il granito o il quarzo, con cui fabbricare attrezzi per cacciare o per difendersi dai nemici.

Montevecchio ieri e oggi
La frazione mineraria di Montevecchio si trova compresa nei territori comunali di Guspini e Arbus, racchiusa tra i monti della catena dell’Iglesiente che declinano ad ovest nel chiaro mare della Costa Verde e la pianura del Campidano che invece si scorge ad est.
Il contesto naturalistico è unico per la presenza di boschi di lecci, roverelle e sugheri. Montevecchio deve buona parte della sua fama e della sua importanza al suo passato minerario, che lo rendono prestigioso esempio di archeologia industriale in Italia.La storia

La storia di Montevecchio ha con sé tracce di insediamenti umani relativi alle epoche più antiche e i ritrovamenti confermano una frequentazione dell’area sin dall’età pre-nuragica, nuragica, punica, romana e medievale.
Alcune notizie fanno risalire al 1600 la prima concessione “mineraria”, ma solo due secoli più tardi fu don Antonio. Pischedda che intuì l’importanza del sito e con il sassarese Giovanni Antonio Sanna fondò una società mineraria. Nel 1848 ottenne dal Re Carlo Alberto la concessione perpetua per lo sfruttamento della miniera di Montevecchio. Sotto la guida del Sanna, il quale investì tutto il suo capitale, la miniera si sviluppò intorno al Pozzo Sant’Antonio e alla Laveria Rio. In poco tempo la miniera di Montevecchio diventò di gran lunga la più importante del Regno, tanto che nel 1865 poteva contare su 1100 operai.
La miniera di Montevecchio è da ricordare anche per le numerose innovazioni che vennero introdotte per la prima volta in Europa. Si tratta dell’elettrificazione interna ed esterna della miniera, dei nuovi sistemi di perforazione (che passarono dal metodo a secco a quello ad acqua, diminuendo i rischi per la salute dei lavoratori) ed infine l’invenzione dell’autopala.
La grande avventura delle miniere di Montevecchio si concluse, dal punto di vista estrattivo, nel 1991 con una grande manifestazione operaia e l’occupazione del pozzo Amsicora.

Oggi

Dopo la chiusura delle Miniere di Montevecchio e di Ingurtosu, il territorio ha ricevuto promesse per nuove forme di sviluppo che dovevano portare ad occupare i tanti ex minatori rimasti senza lavoro. Montevecchio oggi si presenta con poche iniziative che stentano a decollare, ma che sono l’unico esempio positivo di riconversione di un territorio.
La divisione amministrativa di Montevecchio tra Arbus e Guspini non ha agevolato le diverse iniziative intraprese. Il comune di Arbus, attraverso dei finanziamenti, ha restaurato e ricuperato diversi edifici appartenuti alla società mineraria. Tra gli edifici restaurati è importante l’ufficio Geologio, l’alloggio dirigenti e pozzo Amsicora. L’ufficio Geologico ospita il museo, inaugurato nel 2010, dedicato alla Famiglia Sanna Castoldi, ricordata per aver reso famose in tutta Europa le Miniere di Montevecchio. Dopo una prima donazione, la collezione è stata implementata con altri preziosi oggetti appartenuti alla famiglia Sanna Castoldi.
L’Alloggio dirigenti ospita la prestigiosa collezione di Diorami di Dellacà, che ripercorrono l’evoluzione della storia mineraria attraverso delle preziose creazioni artistiche di Raffaello Sanfilippo. Nella famosa sala degli specchi è allestito il museo dei minerali, con reperti provenienti sia dalle miniere di Montevecchio sia da tante altre parti del mondo. Il pozzo Amsicora, simbolo delle ultime lotte operaie, è stato restaurato restituendo la bellezza delle strutture.